Esame di Stato, Ottobre 2006, Università degli studi Federico II di Napoli, facoltà di architettura.

Sono seduta tra i banchi insieme ad una folla di studenti: siamo festosi, perché abbiamo appena saputo di aver passato lo scritto dell’esame di stato che abilita alla professione di architetto; siamo nervosi, perché in mattinata dovremo affrontare l’orale.

Ho passato lo scritto con un ottimo voto, mi sento contenta. Ho evitato qualsiasi velleità progettuale e consegnato un progetto esatto, nel quale sono rispettate tutte le normative nazionali sull’edilizia. Due file di villette a schiera unifamiliari. Primo piano zona giorno, secondo piano zona notte. Piccola zona verde sul fronte, cortile sul retro. Prospetto piatto, con un balcone al primo piano.

Percorrendo in auto qualsiasi città d’Italia si possono riconoscere milioni e milioni di queste costruzioni esatte, villette a schiera o palazzi, sono tutti uguali, scorrono ai nostri occhi attraverso i finestrini delle auto o dei treni ripetendosi interrottamente.  Un brano in loop a colonna sonora delle nostre città.

Mi chiedo se le commissioni d’esame si rivendano questi progetti a norma dei nostri esami di stato per costruire le città o se, inevitabilmente, il sistema di leggi urbanistiche generi questo tipo paesaggio urbano, anonimo ma corretto.

Mentre mangio gli Smarties presi alla macchinetta in corridoio, ripeto: indici urbanisti; rapporto di distanza e altezza dalle strade, 5 Smarties arancio, azzurro, verde; rapporto aereo illuminante , 7 Smarties, lilla, verde, marrone e giallo; dimensionamento delle abitazioni e altezze minime, piovono Smarties, azzurro, marrone, arancione, rosa.

Sono rimasti nel tubetto solo due Smarties.

Li faccio cadere sul palmo della mano. Sono rosa e giallo.. quel tono di rosa e giallo.

Il mio abbinamento preferito di colori quando ero piccola.

Un’ofrenda alla bambina che sono stata. Quando avevo sempre la testa per aria, quando infilavo perline, quando ogni piccola cosa aveva una sua anima, quando i pastelli nella scatola erano sempre disposti a sfumatura di colore o per abbinamento a due a due.  Le lacrime mi scorrono sul viso copiose.

Favole, avventure, castelli, eroine, tutto si accavalla nella mente.

Com’è semplice per un bambino animare ogni cosa o riconoscere l’anima di un colore. Questa biglia è buona ma questa col verde scuro e il nero è cattiva e invidiosa.

Farei un esame di stato solo per l’abbinamento dei colori.

Com’è avvolgente e caldo vivere quel mondo magico che anima ogni cosa e ogni stanza della casa, dove ogni scatola è un impero, ogni disegno un bosco incantato, ogni prato un paese perduto.

Che cosa c’è di quella bambina, cosa c’è di umano, in questa villetta a schiera, che è rimasta grigia su queste tavole da disegno.

Tutta l’umanità ha bisogno di riscoprire l’anima nelle cose. Negli oggetti come nell’architettura, Tutti abbiamo bisogno di riconosce il temperamento di un albero, che sia un guerriero come Marte o che sia seducente come Venere.

Tutti abbiamo bisogno di riportare la Magia sacra nelle nostre vite, tutti abbiamo bisogno di sentici colorati e buoni come una biglia rosa e gialla nella mani di una bambina.

Oggi, ottobre 2023,  ho un’altra ofrenda per te, bambina che sono stata. Ti dedico questa collezione di lampade che abbiamo animato con nomi di fate e personaggi delle favole. Progettate e realizzate insieme al mio compagno come infilando perline. Che possano colorare, illuminare, portare magia e incanto in ogni luogo.

Lampada Mononoke

Lampada Babajaga

Lampada Margot

 

Stefania Stamerra